La libreria Colonnese raddoppia
Nuova sede a San Biagio dei Librai. Qui (da un libraio) nacque Vico

La famiglia di editori inaugura un nuovo spazio nel centro storico con Alfredo Mazzei

di Natascia Festa

«Ogni libreria che chiude apre un varco ai barbari, ogni libreria che apre sbarra loro la strada». Lo aveva scritto Gaetano Colonnese del quale ricorrono i 75 anni dalla nascita. Gli eredi, Maria, Vladimiro ed Edgar, creando una nuova società con Alfredo Mazzei, hanno scelto il modo migliore per ricordarlo: raddoppiare. E non in punto qualsiasi di Napoli, ma al numero 100 di via San Biagio dei Librai, a pochi metri dalla casa dove nacque, proprio da un venditore di libri, Giambattista Vico.

Edgar, tutto pronto per l’inaugurazione di venerdì pomeriggio?
«È stata una corsa contro il tempo, ma ci siamo riusciti a onorare Gaetano nella maniera in cui sarebbe piaciuto a lui, l’apertura di un nuovo spazio in cui fare cultura senza pedanterie. Fu mio padre, infatti, il primo a svecchiare la modalità consunta delle presentazioni. Nel 1982 organizzò al Teatro Nuovo un incontro dedicato al “Principe di Sansevero” di Lamberto Lambertini e l’alchimista fu interpretato da Peppe Barra. E nacque così anche il Pulcinella che legge di Lello Esposito».

Negli ultimi anni non abbiamo fatto altro che officiare riti funebri per la chiusura di librerie. Il più doloroso quello della Saletta Rossa di Guida Port’Alba. Ora un’azione in controtendenza.
«Dolore è il termine esatto, ma adesso è il momento di rilanciare. La nuova Colonnese parte dalla memoria storica del locale di via San Pietro a Majella, che rimarrà il presidio che è sempre stato, ma s’apre anche a nuove forme di racconto della città. A partire dall’architetto che abbiamo scelto, Antonio Martiniello, che ha disegnato uno spazio innovativo, proiettato sulla strada. La contiguità con la chiesa di San Gennaro all’Olmo, dove ha sede la Fondazione Giambattista Vico, fornisce un’opportunità unica. Il presidente Vincenzo Pepe ha offerto quelle belle sale per i nostri incontri. E c’è anche un altro dato in controtendenza».

Quale?
«Per aprire questa libreria abbiamo rilevato un esercizio commerciale gestito da cinesi. È un’inversione di tendenza in una città in cui i negozianti vengono sempre più rimpiazzati dal commercio made in China».

Qual è il concept (si può dire?) della nuova Colonnese?
«È una libreria-laboratorio che, grazie alla sinergia con Made in Cloister, il progetto che ha salvato e abita il chiostro di Santa Caterina a Formiello, fonde cultura, artigianato e arte. È una connessione originale grazie alla quale vogliamo rinnovare i segni che rappresentano Napoli. La città si offre ai visitatori con stilemi triti e ritriti o meramente folcloristici che bloccano l’espressione delle sue potenzialità come metropoli europea. Per questo abbiamo pensato nuovi gadget a partire da segni mai utilizzati».

Ad esempio?
«Presto avremo la Rosta dell’artista Rosy Rox che ha fatto una ricerca sui sopraluce dei palazzi napoletani, catturando le luci e le ombre dei cortili. Quelle sculture ora diventano un prototipo per una produzione in edizione limitata, reggilibri che conservano tutta la forza estetica. Lo stesso sarà applicabile, dico per ipotesi, alla ceramica di Capodimonte. Così come si presenta ora è un segno del passato. Perché non ripensarla per la Napoli contemporanea?».

L’artigianato come altro sapere che s’innesta sulla cultura libraria?
«Sì. La nuova Colonnese è uno spazio per le connessioni tra i linguaggi. Così l’abbiamo immaginata con Alfredo Mazzei che è anche nato nel mio stesso giorno: il 30 settembre compirò cinquant’anni».

Auguri. Si fa un bel regalo con una nuova libreria. E lo fa anche alla città.
«Ho molta voglia di continuare a vivere di questo lavoro anche se dovrà approcciarsi con l’e-commerce. Leggere forse non basta più, tutti fruiamo contenuti in maniera crossmediale e dobbiamo adeguarci, non aver paura della tecnologia».

Colonnese-due apre nel centro storico dove si assiste a una mutazione genetica del commercio tradizionale, tra patatine e hamburger.
«Lo facciamo, infatti, anche per marcare un territorio ed evitare che il decumano, esposto a processi non governati, faccia la fine di via San Sebastiano, un tempo strada della musica. Ora sono rimasti solo in quattro a vendere strumenti, il resto è tutto food. La nuova sede sarà un avamposto per raccontare Napoli ai turisti. Felice Piemontese scrisse: “Colonnese sfoglia la Napoli europea”. Lo facciamo ancora con mezzi nuovi».

Quello che racconta dà ragione a Marco Demarco che ha individuato una nuova vitalità dopo l’elaborazione del lutto post-terremoto.
«È così, c’è anche un ritrovato orgoglio emotivo che si trasforma in forza imprenditoriale. Noi apriamo in un tessuto urbano che ha già visto nella sua contiguità spazi come il Lanificio 25, l’Hotel Caracciolo, Made in Cloister. Credo che chi li ha realizzati abbia raccolto la sfida del rinnovamento e noi facciamo rete con loro dal nostro angolo prezioso. Non dimentichiamo che lì c’era la sede dell’Arte Tipografica, c’è la Soprintendenza archivistica, a pochi passi l’Archivio di Stato e Benedetto Croce andava a stampare proprio a Palazzo Marigliano. Per fare un paragone direi che il centro storico stia rivivendo, sia pure solo in nuce, l’entusiasmo che crearono le iniziative della Fondazione Napolinovantanove».

E i libri?
«A ottobre partiamo con una nuova collana di narrativa contemporanea per recuperare i tanti scrittori napoletani che sono andati via da Napoli editorialmente e non solo. Avremo una sezione di guide insolite e, visto il successo dei bilingue di Elena Ferrante, pubblicheremo tutti i titoli con testo a fronte in inglese». Do you understand?

Uno spazio proteso sulla strada

“Ho reinterpretato la vecchia libreria Colonnese in chiave contemporanea” racconta l’architetto Antonio Martiniello. “Il legno è sempre l’elemento principale, ma ho usato il multistrato fenolico. E’ come se avessi messo una scatola, uno scrigno prezioso di legno povero all’interno del locale. Con l’uso di un unico foglio di vetro in cui è incastonato il bancone si ha l’impressione che la libreria sfondi sulla strada come un portico, perché quella è la maniera di vivere ai decumani: fuori. Tutto è stato realizzati da un gruppo di architetti-falegnami- designer (Zapoi) con sede al Lanificio. Abbiamo recuperato l’antica pietra angolare e anche la scritta a neon è fatta come non si fa più, ovvero con vetro soffiato. Tutto con artigiani locali, saperi a km 0. Le eccellenze artigiane locali che hanno garantito l’esecuzione del progetto sono Fimetal, Enzo Distinto e Zapoi design. Infine immaginato la produzione di souvenir colti a tiratura limitata”.

da: http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/napoli/arte_e_cultura/16_settembre_15/libreria-colonnese-raddoppiacon-sede-strada-vico-19f2de0e-7b21-11e6-a30c-c26992d2881d.shtml